Consiglio di Stato: sala giochi ad altro rischio infiltrazioni, confermato il diniego di Questura e Tar Puglia

Una società di gestione di sale giochi ha perso anche in Consiglio di Stato il ricorso contro il diniego di licenza ex art. 88 TULPS per l’installazione di terminali Vlt: ‘Rapporti economici sospetti e alto rischio infiltrazioni nel gioco pubblico’.

La ricorrente aveva intrattenuto rapporti economici e imprenditoriali con società gravitanti nel mondo della criminalità organizzata, specializzate nel campo dei videogiochi e scommesse. La Questura di Barletta-Andria-Trani aveva concluso che, alla luce delle circostanze fattuali e familiari, meglio specificate nel provvedimento gravato nel primo grado del giudizio, l’istante non potesse assicurare la ‘buona condotta”, quale requisito necessario per il rilascio della licenza, e che potesse ricorrere ‘un serio rischio di abuso dell’autorizzazione’, tenuto conto dei su visti rapporti imprenditoriali con le società riconducibili alla criminalità organizzata che ne rileverebbero la contestata inaffidabilità”.

Teniendo ferme queste motivazioni il Consiglio di Stato (sez. III) ha respinto oggi il ricorso di una società di gestione di sale giochi contro il diniego di licenza ex art. 88 TULPS per l’installazione di terminali VLT, confermando la decisione della Questura e anche della precedente sentenza del TAR Puglia.

Gli accertamenti avevano evidenziato rapporti economici e imprenditoriali con società attive nel settore giochi e scommesse ritenute gravitanti nell’orbita della criminalità organizzata. In particolare, la titolare aveva versato una somma consistente a una società riconducibile a soggetti controindicati, ed aveva sottoscritto con la stessa un contratto di affitto/comodato su locali destinati all’attività di gioco, nell’ambito di un modello imprenditoriale basato sull’acquisto di bar e sale giochi da affidare in gestione a terzi.

La ricorrente aveva già impugnato il diniego davanti al TAR Puglia, ma il ricorso è stato respinto dal Tribunale, ritenendo il provvedimento questorile sorretto da una pluralità di elementi ostativi, ciascuno idoneo di per sé a giustificare il mancato rilascio della licenza. In appello, la società ha insistito soprattutto sulla successiva riforma, in sede penale, di una precedente condanna legata all’operatività della sala giochi e sulla presunta insussistenza di illeciti nel rapporto di finanziamento contestato. Il Consiglio di Stato ha però ricordato che, in materia di autorizzazioni di pubblica sicurezza, il giudizio amministrativo sulla “buona condotta” è più ampio e rigoroso rispetto alla responsabilità penale.

In aggiunta alla motivazione principale, i giudici hanno considerato, oltre ai rapporti con soggetti controindicati, anche la condanna dell’appellante per condotte volte a ostacolare i controlli sugli apparecchi da gioco, le violazioni fiscali definitivamente accertate e i precedenti a carico del socio familiare (segnalazioni per uso di stupefacenti e frequentazioni con persone pregiudicate). L’attività è risultata essere ad alto rischio di infiltrazioni come il gioco pubblico.