Arriva al dibattimento il caso di alcune partite di poker cash in Sicilia dove tre imputati avrebbero truffato alcuni professionisti tramite un sistema di lettore delle carte al tavolo da gioco.
Un sistema per leggere anticipatamente le carte e capire come sarebbe andato il corso della mano e perdite fino a 250mila euro per un solo player, un ex assicuratore siciliano e almeno 100mila per un ristoratore. Dopo anni sono arrivate le imputazioni a carico di tre organizzatori di una bisca e di altre partite private nella zona di Gela e anche a Licata. Decisiva l’installazione di sistemi video all’interno dell’immobile di via Citelli, per risalire al metodo usato per riuscire a far perdere in partite cash somme ingenti ad alcuni professionisti. I fatti hanno portato al dibattimento, davanti al collegio penale presieduto dal giudice Francesca Pulvirenti.
Per l’accusa, le partite di texas hold’em erano controllate, con un sistema capace di leggere anticipatamente carte e giocate. Un meccanismo ricostruito dai militari dell’arma e dai pm della procura. Cruciale anche la testimonianza dell’ex assicuratore: “Avevo il sospetto che ci fosse qualcosa di strano il titolare della sala (un nome abbastanza conosciuto nei circuiti di poker live) durante le serate, andava spesso in bagno, con molta frequenza. Pensai che potesse essere collegato al fatto che vincesse quasi sempre, anche se era un giocatore comunque eccellente”.
Chi frequentava la bisca poteva ottenere un fido da coprire “entro un mese”. Il testimone è stato molto netto quando ha spiegato che quel sistema di lettura delle carte, secondo lui, lo avrebbe acquistato e fatto collocare, “un avvocato del quale però non ricordo il nome”. Il professionista, secondo la versione resa dal testimone, sarebbe stato una sorta di socio occulto della bisca.
Sono tre i principali imputati delle serate di texas hold’em che erano concentrate in via Citelli, “ma una volta a settimana c’era Licata, nella bisca di Lauria,” ha continuato il testimone. Pare inoltre che in quel periodo, via Citelli non fosse l’unico punto di ritrovo dei giocatori, alcuni dei quali frequentavano altre abitazioni, trasformate per l’occasione in case da gioco. Il titolare di un ristorante, allora avviato sul lungomare Federico II di Svevia, ha spiegato di aver perso circa 100 mila euro nella bisca di via Citelli. “Quel gruppo frequentava il mio locale – ha detto davanti al collegio penale e rispondendo alle domande del pm Lucia Caroselli – capitava che non pagassero ma lo facevano in chips, che io usavo per andare a giocare in via Citelli.” Anche il ristoratore iniziò ad avere dubbi sul fatto che le giocate potessero essere controllate o comunque pilotate. Nessuno riuscì a individuare in tempo lo scanner che veniva usato per leggere le carte e non lasciare possibilità di vittoria.
Non è il primo caso che è stato scoperto dai players in Italia che frequentano i circoli. Lo scanner è installato nel rack delle chips e alcuni sistemi sono in grado di indicare a chi ne fa uso, se ha le carte vincenti in base alla distribuzione randomica del Dealer. Basta giocare quando arriva l’impulso e il gioco è fatto. Altri sistemi sono più elaborati.
La sfida dei prossimi anni è quella contro le tecnologie e l’AI oltre a sistemi bluetooth e visori come Google Lens e altri modelli. Su questo i regolamenti sono e saranno sempre di più rigidi e attenti.





