Seminario I-Com Brightstar: riordino, gioco illegale e fiscalità le priorità per la filiera

Dal riordino del gioco terrestre alla fiscalità e alle norme da applicare fino alla lotta all’illegalità, ecco tutti i temi emersi nel seminario organizzato da I-Com in collaborazione con Brightstar lottery a Roma sulle prospettive del settore die giochi in Italia.

Gennaro Schettino, presidente Agic-Confindustria, associazione che rappresenta Lottomatica, Sisal, Snaitech, Brightstar Lottery ed Eurobet

In questo tipo di analisi dobbiamo sempre fare i conti con il convitato di pietra d’eccellenza che è il gioco illegale. Alcuni operatori hanno denunciato una situazione di cui diversi brand hanno denunciato siti illegali che sfruttano sui social brand di concessionari per raccogliere gioco sulle proprie piattaforme. Questo lo dico perché non operiamo in un perimetro perfetto in cui la variabile esterna è ridotta ai minimi ma la tecnologia fornisce aggressività da parte del mercato grigio a quello legale.

Sui dati dobbiamo tenere conto, specie quando compariamo i vari verticali, della accresciuta aggressività da parte del mondo illegale. Questo dovrebbe convincere il regolatore ad accelerare sulle riforme seguendo l’esempio del riordino del gioco online. Un settore ben regolato offre certezza e prospettiva a tutti gli operatori e all’industria completa.

Serve, però, un salto di qualità a livello tecnologico per cercare di innovare i prodotti ma anche tutelare i consumatori.
Chiediamo, però, di evitare letture fuorvianti sulle potenzialità delle gare fisiche e delle aspettative sugli esiti, ricordando come il comparto richieda investimenti significativi proprio nei due temi appena elencati, in innovazione e protezione dei player, qualità indispensabili in un contesto che sta cambiando rapidamente.

La speranza è che percorso delle gare proceda senza stravolgimenti, affinché gli 80 milioni previsti “arrivino sani e intatti” alla fase decisionale e la pionieristica riforma del settore possa includere pienamente il gioco fisico, aprendo una nuova stagione di sviluppo per l’intera filiera.

Emmanuele Cangianelli, presidente Egp Fipe

Il report e i dati ci forniscono spunti importantissimi. L’Italia è uno dei mercati di riferimento a livello europeo perché negli ultimi 20 anni è riuscita ad analizzare meglio l’offerta legale. Sono mancate, però, le politiche nel settore proprio negli ultimi anni ed è questo che fa sembrare urgente il riordino. Il gioco pubblico si è regolato sostanzialmente da solo fino alla legge fiscale che ha riordinato, intanto, il settore online.

Fondamentale la distinzione tra le reti fisiche e il gioco a distanza, è proprio la modalità di fruizione che divide il settore. L’approccio omnichannel però è fondamentale e se lo aspettano anche i giocatori.

Se parliamo di fiscalità la stratificazione normativa negli anni ha prodotto forti disparità e contraddizioni tra i verticali e all’interno di ogni gioco. In questo senso servono interventi nel lungo periodo e analisi più raffinate.

Si è parlato molto di gioco illegale oggi e questo può essere risolto tramite il “follow the money”, tracciando i flussi economici crossborder. Ci sono dei principi internazionali per la tracciabilità e dotarsi di strumenti in grado di gestire questo tipo di problematica è ormai imprescindibile per il settore.

Sul tema del riordino, invece, dobbiamo iniziare a pensare ai singoli bandi per proteggere i consumatori seguendo l’esempio della riforma online. Nel retail potrebbero mancare i flussi di dati che il gioco a distanza raccoglie in maniera più semplice e in grande quantità. Nel gioco terrestre, per. c’è il rapporto fisico tra operatore e giocatore che può rappresentare un grande vantaggio. Il costo di questi bandi deve essere l’ultima linea non la prima. Serviranno più tecnologia e più formazione oltre a strumenti come tracciabilità, autoesclusione e altro ancora.

Emilio Zamparelli, presidente Sts Fit

Mi permetto di leggere i dati del settore con la necessaria cautela, evitando semplificazioni che rischiano di alterare la percezione dello stato reale del mercato. Confrontare la situazione attuale con quella degli anni 2000 significa mettere a paragone “due epoche totalmente diverse”.

Nel 2004, il settore aveva una struttura profondamente differente: le AWP erano appena agli inizi, il comparto delle scommesse contava pochissimi punti vendita e la digitalizzazione del gioco non esisteva. Le dinamiche odierne, caratterizzate da prodotti evoluti, maggiore capillarità della rete e soprattutto dalla crescita dell’online, rendono inevitabile riconoscere che “parliamo di mondi profondamente diversi”. Per questo, ritengo che dati che mostrano un aumento di raccolta e spesa sono corretti “da un punto di vista numerico”, ma vanno interpretati considerando il contesto storico e tecnologico in cui si collocano.

Invito a leggere con attenzione anche i confronti internazionali. Se è vero che l’Italia registra una spesa più alta rispetto a Paesi come Francia e Germania, è altrettanto vero che il sistema regolatorio italiano è tra i più efficaci: “Abbiamo uno dei sistemi più efficienti da un punto di vista regolamentare”.

La presenza di un regolatore forte, unita a un perimetro normativo chiaro, contribuisce a sostenere il mercato legale e a limitarne l’erosione da parte dell’illegale. Al contrario, in Francia opera un unico operatore monopolista, mentre in Germania il quadro normativo rimane “profondamente restrittivo”, al punto che nel settore delle scommesse, ad esempio, i bonus non sono consentiti. Una rigidità che, ritengo, favorisce l’espansione del gioco illegale e rende difficile un confronto omogeneo con l’Italia.

Pur riconoscendo che anche nel nostro Paese esiste ancora un mercato illegale rilevante, evidenzio che la sua incidenza appare inferiore rispetto a quella registrata in altre giurisdizioni europee.

Uno dei nodi principali riguarda il tema delle entrate reali, oggi composte per il 94% dal gioco fisico. Proprio questo segmento mostra una diminuzione delle entrate, mentre raccolta e spesa complessive continuano a crescere.

Ritengo che questo scollamento rappresenti “un fattore preoccupante” che impone una riflessione più ampia sul futuro del comparto, soprattutto alla luce dello spostamento progressivo verso il canale online. Da qui la necessità di un riordino rapido, che non può più essere rinviato senza arrecare danni al settore, ai giocatori e allo stesso Erario.

Insisto sulla necessità di affrontare il tema della fiscalità, oggi molto diversa tra giochi fisici e giochi online. I prodotti terrestri, subiscono un prelievo più pesante e garantiscono un ritorno al giocatore più basso rispetto alle offerte digitali. Una disparità che rischia di compromettere la competitività del gioco fisico, mettendo a rischio il futuro dei prodotti più tradizionali.

Per questo motivo, credo che il riordino non possa limitarsi a rivedere la distribuzione di punti e concessioni, ma deve integrare una revisione complessiva della fiscalità e un ripensamento dell’offerta: “I prodotti devono essere più innovativi e con un pay-out più alto”.

Riguardo al dato secondo cui due giocatori su cinque preferirebbero il gioco fisico, invito a una lettura più sfumata. Da un lato quel dato è corretto; dall’altro va considerato che il numero di giocatori che interagiscono con prodotti fisici occasionali – come la schedina del Superenalotto o un biglietto della Lotteria – è molto più ampio rispetto alla platea di utenti abituali dell’online.

Se si considerano gli account aperti per il gioco a distanza e il numero di giocatori realmente attivi su base frequente, il quadro appare ancora più complesso, con un fisico che – nonostante la spinta tecnologica – continua a rappresentare per molti un riferimento stabile.

Il riordino non si basi su strumenti “già rivelatisi inefficaci”, come distanziometri e fasce orarie, che negli anni hanno prodotto conseguenze sproporzionate senza generare benefici concreti in termini di tutela dei giocatori. Una riforma efficace – ha concluso – deve favorire un equilibrio tra esigenze di sicurezza, sostenibilità industriale e tutela dell’Erario, evitando misure che non migliorano il sistema e finiscono per danneggiare sia il settore sia i giocatori.

Gennaro Parlati, presidente Sistema Gioco Italia

Si parla da fin troppo tempo di riordino e abbiamo macinato, prodotto e digerito tantissime soluzioni, troppe che poi non sono andate a meta. L’attesa delle riforme sta indebolendo quello che abbiamo distribuito sul territorio anche se il settore produce tanto ed è sicuro e solido. Se la soluzione è un ritorno economico per le Regioni beh, la cosa mi fa rabbia. Preferirei di gran lunga un rapporto sano e franco per garantire la protezione del giocatore. Non sono neanche d’accordo sul fatto che dobbiamo comunicare meglio, non siamo la controparte, siamo con lo Stato e gestiamo risorse per lui. Abbiamo spazzato via 800mila videopoker che erano una macchia per il Paese. Si fanno sempre riferimenti ai numeri del settore senza parlare dei lavoratori che vi sono coinvolti direttamente e a livello di indotto, siamo un settore industriale. E non possiamo neanche comunicarlo perché la legge ce lo vieta.

Il riordino sta per diventare un paradosso: rischiamo di farci male da soli. Bisogna cambiare l’approccio al settore, deve essere rivoluzionario e il dialogo sulle riforme deve essere con noi. Dobbiamo ancora vedere la bozza del riordino ma perché non discuterla con il settore? C’è la possibilità di evitare errori, scontri e contenziosi. Il riordino deve essere nell’approccio prima che nelle regole.

Massimiliano Pucci, presidente As.Tro

Il riordino è necessario perché si sta aprendo la strada all’illegalità soprattutto per il gioco fisico. La speranza è che il 2026 sia l’anno delle riforme. Serve un’omogeneizzazione del fisco passando ad una tassazione sul cassetto. Giocando sui payout si migliorerebbe proprio la competitività, aumenterebbe la concorrenza e crescerebbero anche le risorse erariali. Si chiarirebbe il carico fiscale che ora è tra i più alti d’Europa.

Sulle tasse siamo passati dal 13% al 24% dalla legalizzazione ai vari aumenti e siamo giunti al break point. Questo disincentiva molte aziende che fuggono dove non vogliamo neanche immaginare, verso l’illegalità, ovvio.

Senza stabilità non c’è mercato e non ci sono investimenti, come si diceva nell’introduzione dell’evento.

La riforma non deve essere calata dall’alto, questo è un punto chiaro e un desiderata imprescindibile. L’esempio dei balneari, in questo senso, è lampante. Un intervento secco e verticale metterebbe fuori gioco tante aziende, forse meglio un contingentamento orizzontale: meglio ridurre le singole macchine all’interno degli esercizi che per sale per evitare la chiusura di aziende, partita Iva e lavoratori.

Patrizio Perla, vicepresidente Sapar

Patrizio Perla, vicepresidente di Sapar, ha portato la voce delle oltre 1.300 imprese aderenti all’associazione e dei 75.000 lavoratori della filiera degli apparecchi da intrattenimento. Un settore che, ha ricordato, vive una fase critica, aggravata dalla nuova legge di bilancio che potrebbe incidere profondamente sull’assetto economico e regolatorio delle imprese del gioco pubblico.

Perla ha trasmesso i saluti del presidente Sergio D’Angelo, impegnato in concomitanti attività istituzionali, e ha ringraziato I-Com per aver creato un’occasione di confronto “preziosa e necessaria” in un momento particolarmente delicato.

“Le AWP sotto pressione: payout, prelievo e riduzione forzata del parco”

Nel suo intervento, Perla ha ricordato che negli ultimi anni il comparto AWP ha subito una contrazione strutturale. Le imprese di gestione, ha spiegato, sono state colpite da interventi normativi che — pur nati da esigenze comprensibili — hanno compromesso la sostenibilità del modello.

Tra i fattori principali, Perla ha indicato:

  • la riduzione del payout dal 75% al 65%, che ha reso il prodotto meno attrattivo per i giocatori;
  • l’aumento costante del prelievo erariale unico calcolato sulla raccolta lorda e non sul margine effettivo delle imprese;
  • la riduzione forzata del parco macchine del 30%, salita nei fatti al 35%.

Nonostante queste condizioni, il settore AWP continua a rappresentare “la prima voce di contribuzione fiscale dell’intero gioco fisico”, ha sottolineato Perla. Una situazione paradossale: “Il 10% della raccolta paga il 30% del gettito”.

“La fiscalità va ripensata: tassati sul fatturato lordo come nessun altro settore”

Perla ha insistito sulla necessità di affrontare immediatamente il nodo della fiscalità. Oggi, ha affermato, il prelievo applicato alle somme giocate — e non ai margini reali — genera una distorsione evidente, paragonabile a tassare qualsiasi altra attività economica sul fatturato lordo ignorando costi e margini.

Le conseguenze sono già evidenti: tra il 2019 e il 2024, il gettito garantito dalle AWP è diminuito di 4 miliardi di euro, segnando una contrazione che Perla definisce “inarrestabile”. Se non si interviene rapidamente, ha avvertito, si rischia di compromettere in modo irreversibile una parte sostanziale delle entrate reali del gioco pubblico.

La proposta Sapar: payout al 70%, ticket massimo a 200 euro e PREU al 19%

Sapar propone una “misura ponte immediata” già nella prossima legge di bilancio, che punti a riequilibrare la sostenibilità del prodotto, mantenendo al centro la tutela del giocatore. Nel dettaglio, l’associazione chiede:

  • payout riportato al 70%;
  • ticket massimo a 200 euro;
  • riduzione del PREU almeno al 19%;
  • introduzione di messaggi informativi sull’uso consapevole dell’apparecchio e sui tempi di gioco.

Secondo le stime elaborate da Sapar, questa manovra comporterebbe un gettito a saldo zero o positivo: nel 2026 raggiungerebbe 3.576 milioni di euro, contro i 3.496 previsti a legislazione vigente.

L’introduzione dei nuovi apparecchi, e quindi dei relativi “nulla osta”, genererebbe circa 100 milioni di euro aggiuntivi, considerando gli attuali 250.000 dispositivi presenti sul territorio.

“Il ruolo dei gestori va riconosciuto e formalizzato”

Uno dei temi centrali toccati da Perla è stato il riconoscimento del ruolo dei gestori, definiti come “presidio insostituibile” di legalità, controllo e sicurezza sul territorio. Le imprese di gestione, ha ricordato, sono piccole e medie imprese radicate in Italia, che pagano imposte nel Paese e svolgono funzioni cruciali che non possono essere ricondotte a un mero rapporto di fornitura con i concessionari.

Andrea De Bertoldi, deputato Lega per Salvini premier

I problemi del settore ormai li conosco. Stavolta parto dal fondo e parlo di comunicazione che non è solo pubblicità visti i problemi che ci sono a livello normativo. La politica oggi non è quella di 50 anni fa che guardava a lungo termine, che non si preoccupava del consenso quotidiano. Ed essendo condizionata dai sentiment dell’elettorato, si trova in difficoltà quando si parla di gioco. Ad esempio, gli autori delle trasmissioni tv da tempo hanno messo in disparte il mondo del gaming e se se ne parla bisogna parlarne male. Non ho la soluzione ma credo che affidarsi ad una pubblicità progresso e riuscire a far uscire un messaggio non tanto che favorisca le imprese direttamente ma produca un’immagine sana del settore. I messaggi potrebbero essere fondamentali, un settore che vuole un gioco sano, che protegge i player e combatte le ludopatie.

Il riordino? È assurdo che lo Stato temporeggi visti i vantaggi e gli introiti erariali. I politici e i dirigenti non sono stupidi, non si tocca il gioco perché scotta. Un payout troppo basso è un aiuto alla ludopatia e penalizza anche la fiscalità ma continuiamo ad andare sempre in questa direzione. Sulle regole preferirei un’omogeneità che ora cambiano nel giro di pochi chilometri e questo sembra essere l’indirizzo della conferenza Stato-Regioni.

Nel 2026 possiamo ragionevolmente vedere i bandi e credo che non ci sia bisogno di mettere in contrapposizione tra piccole imprese e grandi gruppi. Una riforma organica che rispetti questi principi è quello che io auspico.

Il tema delle banche, inoltre, è assurdo. È un settore così controllato dalle normative antiriciclaggio che è incredibile abbia una barriera di questo tipo nell’apertura dei conti correnti per le imprese del gioco pubblico. Allo studio è una legge che obbliga le banche ad aprire conti per tutti e non andando incontro al conto economico dell’istituto: credo che il problema non sia etico ma puramente economico, appunto. Aprire un conto di un panificio comporta meno sforzi di una posizione di un’azienda di gaming che comporta molti più controlli rispetto a quello che dicevamo prima. Ma questo non può e non deve penalizzare le aziende di gioco.