Caroli (Fondazione Fair): ‘Creiamo una nuova cultura del gioco coinvolgendo anche chi è contro’

A concludere il Forum 2025 romano è stato Matteo Caroli professore ordinario di gestione delle imprese internazionali, Luiss Guido Carli e presidente proprio della Fondazione Fair.

Le conclusioni della profittevole giornata del Forum 2025, osservatorio annuale sul gioco responsabile in Italia, sono spettate a Matteo Caroli, professore ordinario di gestione delle imprese internazionali, Luiss Guido Carli e presidente proprio della Fondazione Fair.

Caroli sintetizza e supera la semplice analisi dei dati presentati per lasciare un punto di partenza su cui lavorare: “Dobbiamo costruire una nuova cultura del gioco che non può prescindere dal coinvolgimento attivo di tutti gli stakeholder, inclusi quelli tradizionalmente più critici nei confronti del settore. Una sfida culturale che, nelle parole di Caroli, deve partire dal dialogo che ricostruisca quel rapporto storicamente complesso tra industria del gioco e opinione pubblica. Per la Fondazione FAIR questo approccio rappresenta una missione identitaria”.

In questo processo il settore ha grandi responsabilità: “La sfida del gioco responsabile – prosegue Caroli – non è un tema riservato alle singole imprese più sensibili, ma un impegno collettivo che deve diventare una caratteristica strutturale dell’industria italiana. Il riferimento è all’associazione recentemente costituita in Confindustria, che raccoglie i principali operatori del comparto e con la quale la Fondazione FAIR ha avviato un dialogo costante. L’obiettivo è la definizione di standard condivisi che, come avviene nei settori più maturi, possano essere guidati da un “sindacato alto”, quell’area dell’industria più avanzata capace di fissare modelli di prodotto, condotta e tutela”.

“Non esistono giocatori responsabile se il settore non lo è”. Matteo Caroli ha scritto sulla pietra questa affermazione che cristallizza una fondamentale relazione di causa-effetto: “È su questa linea di frattura che si distingue la legalità dall’illegale, un confine che va reso sempre più netto e presidiato. Aumentare gli strumenti di protezione del giocatore non deve produrre un effetto indesiderato: lo spostamento sul mercato illegale di una parte consistente della domanda. Il rischio è che “la moneta cattiva scacci la moneta buona”, un principio economico che diventa una minaccia reale quando la tutela non è accompagnata da un contrasto deciso all’offerta irregolare. È qui che entrano in gioco legislatori e autorità di controllo, chiamati ad agire con fermezza e continuità”.

Si è parlato tanto di comunicazione nel Forum 2025, ecco la posizione di Caroli che ha distinto tra “tra pubblicità e comunicazione, con la prima che rimane uno strumento utile ma insufficiente a generare cambiamenti profondi. Quello che può davvero spiegare il gioco è lo storytelling educativo fatto di televisione, piattaforme digitali, contenuti video. L’educazione, anche mediatica, diventa un servizio pubblico.
Alla comunicazione di massa deve affiancarsi una comunicazione personale, segmentata in base ai diversi profili di giocatore. Non tutti i giocatori sono uguali, non tutte le situazioni comportano lo stesso rischio, ed è logico che le strategie di prevenzione ricalchino i modelli già utilizzati in settori dove il prodotto può generare effetti collaterali”.

Impossibile non parlare di tecnologia e AI: “Sono strumenti cruciali ma costosi e applicabili non da tutti e in maniera improvvisata. In questo senso lancio una provocazione: il livello di investimento in tecnologia per la protezione del giocatore dovrebbe diventare un criterio per l’assegnazione delle concessioni. Chi innova merita di essere premiato dal sistema regolatorio. L’operatore responsabile deve comunque
affiancare il giocatore, non solo fornendogli un servizio, ma guidandolo nelle scelte”.

Finale interessante sul coinvolgimento non banale di chi non gioca: “Spesso l’atteggiamento di chi non spende in intrattenimento, come con il fumo, non si limita a non scegliere questa o quell’offerta ma nella maggior parte dei casi stigmatizza chi lo fa. Dobbiamo capire perché succede questo e cercare di cambiare questi comportamenti coinvolgendo in modo consapevole quei non giocatori che rappresentano clienti potenziali se il gioco viene percepito come un’attività regolata, sicura e comprensibile”, ha concluso Caroli.