Secondo la campagna ‘Mettiamoci in gioco’ le Regioni devono difendere la loro autonomia in materia di gioco d’azzardo invece di chiedere la compartecipazione dei proventi che derivano da questo settore.
“Invece di difendere la loro autonomia nella regolamentazione del gioco d’azzardo, le Regioni italiane diventeranno dipendenti dai proventi dell’azzardo come già lo sono le casse dello Stato?”. La campagna nazionale contro i rischi del gioco patologico “Mettiamoci in gioco” , ha commentato così alcune notizie che riportano come la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, riunitasi in seduta straordinaria lo scorso 14 ottobre, avrebbe deciso di chiedere al Governo di inserire nella legge di bilancio 2026 la compartecipazione delle Regioni alle entrate erariali derivanti dai proventi garantiti dal gioco d’azzardo in Italia, una proposta già avanzata nel febbraio 2024 (quando la Conferenza aveva chiesto la “compartecipazione del 5 per cento al gettito dell’imposta sugli apparecchi e congegni di gioco) e ribadita nel maggio scorso.
Ecco il commento: “Considerando che in tema di riordino del gioco fisico si è ipotizzato di azzerare tutte le leggi regionali di regolamentazione del gioco d’azzardo, colpendo in particolare il distanziometro e le limitazioni degli orari di apertura degli esercizi che offrono gioco d’azzardo, ledendo così le prerogative di Regioni ed Enti locali nelle rispettive competenze in ambito sanitario e di tutela della sicurezza e della salute pubblica, appare evidente che il combinato disposto di queste modifiche annullerebbe anni di impegno delle istituzioni regionali nella riduzione dei rischi del gioco d’azzardo e creerebbe le premesse per un futuro disimpegno delle Regioni in materia”.
Come abbiamo analizzato ieri tali proventi non avrebbero “vincolo di destinazione”, come del resto già esplicitato nel documento del 2024. “Dunque, le entrate eventualmente ricevute non verrebbero nemmeno usate per il diritto alla salute dei cittadini e, in particolare, per la prevenzione e la cura del disturbo da gioco d’azzardo. Per questo la campagna ‘Mettiamoci in gioco’ considera un grave e ingiustificabile errore che le Regioni possano farsi promotrici di un così netto cambio di rotta rispetto a un passato che le ha viste in prima linea nell’azione di prevenzione. Sorprende che questi enti, che tanto incidono sulla vita dei territori, piuttosto che puntare sulla tutela della salute pubblica, in un acergnato rapporto con il diritto d’impresa di chi opera nel settore del gioco d’azzardo, mirino ad acquisire risorse economiche da un business che nuoce gravemente alla popolazione e favorisce, come già accertato, anche l’inserimento delle organizzazioni criminali”, commentano ma va specificato che il gioco pubblico legale è controllato e risponde ad una serie di norme che danno spazio solo a poche distorsioni rispetto al settore illegale.
Secondo “Mettiamoci in gioco” sono state proprio “le Regioni ad aver adottato negli anni politiche e azioni concrete per la prevenzione e il contrasto al gioco d’azzardo patologico, promuovendo progetti di sensibilizzazione, regolamentazione degli orari delle sale e tutela dei luoghi sensibili. Il contrasto alla dipendenza da gioco d’azzardo rappresenta un impegno di salute pubblica e di coesione sociale, riconosciuto anche da numerosi piani socio-sanitari regionali”.
E per finire:“Tale scelta, unita, come detto, alla sostanziale cancellazione di strumenti quali il distanziometro e le ordinanze di limitazione degli orari di accensione degli apparecchi, lancerebbe un segnale di resa istituzionale di fronte alle innumerevoli ricadute negative che derivano dalla smodata offerta d’azzardo presente su tutto il territorio nazionale, che si palesano nella dipendenza di centinaia di migliaia di persone”, hanno concluso.