Casinò Campione, la relazione tecnica dell’arbitrato: ‘Contezza crisi dal 2011’

La relazione tecnica alla base della decisione di ricorrere all’arbitrato evidenzia che lo stato di crisi del Casinò Campione era noto dal 2011.

 

“A partire dall’esercizio 2011, i componenti degli organi sociali del Casinò hanno avuto contezza della grave situazione dei crisi in cui versava la Società“.

Questa una della conclusioni cui giunge il professore dell’Università Cattolica di Milano Alessandro Cortesi, nella relazione tecnica datata 28 giugno 2024 “in merito alle azioni di responsabilità esperibili nei confronti degli organi societari e dei periti della Casa da gioco di Campione d’Italia” e che è la “base” sui cui si fonda la successiva decisione del Casinò di attivare un arbitrato contro diversi di essi, chiedendo un risarcimento di circa 80 milioni di euro per le azioni (oppure omissioni) compiute dal 2011 al 2018, anno in cui effettivamente la Casa da gioco chiuse per fallimento, sentenza successivamente annullata.

Il professore rileva, dopo una disamina di 52 pagine, che a partire dall’esercizio 2011, stante l’assenza di ‘reali’ interventi di ricapitalizzazione (intesi come apporto di risolse finanziarie da parte dei soci) e di incisivi interventi di ristrutturazione aziendale (in particolare sul versante del costo del personale e dei contributo da erogarsi a favore del Comune), gli amministratori avrebbero dovuto ‘senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento’“, ovvero “ricorrere a uno degli strumenti previsti dalla legge fallimentare per le aziende in conclamata situazione di crisi aziendale”.

Invece, “gli amministratori, in ciò agevolati dall’inerzia degli organi di controllo, hanno compiuto atti censurabili di straordinaria amministrazione tutti volti a ricostituire il patrimonio netto e che hanno consentito alla società di procrastinare l’attività per diversi anni, così aggravando il dissesto della Casa da gioco”. Inoltre, ciò è stato reso possibile “dal ‘contributo’ di taluni periti” che “hanno fornito varie censurabili valutazioni sugli asset aziendali nel periodo 2011-2016”.

La valutazioni critiche del professore sono ad ampio raggio: “Tutti i soci della Casa da gioco prima e il socio unico poi (il Comune) erano a conoscenza della situazione di crisi in cui cronicamente operava la Casa da gioco”, ma anche gli amministratori, che “non pare abbiano esercitato la funzione gestoria con la necessaria diligenza”, e “anche il collegio sindacale era ben consapevole della reale situazione aziendale”.

IL PRECEDENTE – Se, a leggere la relazione del professor Cortesi, la crisi era conclamata “già” nel 2011, a spulciare gli atti si scopre, o si ricorda, che il grido d’allarme era stato lanciato già diversi anni prima.
Era il 2006 e Simone Verda (oggi consigliere di Campione 2.0) era vicesindaco del paese, guidato da Roberto Salmoiraghi. Al momento di dimettersi, il 7 agosto, aveva scritto a sindaco e prefetto evidenziando: “Ritengo personalmente che il Comune debba esercitare un maggior controllo sulle spese di gestione del Casinò“, così da “evitare il ripetersi di perdite della società e di interventi straordinari del Comune”. Verda non condivideva “la scelta di coprire delle perdite senza averne individuato e analizzato la cause” e riteneva fosse necessario “un segnale forte di cambiamento di rotta del Comune rispetto alla gestione del Casinò”.