Mentre l’iter delle Linee Guida di Agcom fatica a concretizzarsi, il decreto Dignità rimbalza nei tribunali e si scontra con il decreto di riordino del gioco online. Ecco cosa accade ora.
Tutto da rifare, o quasi, per la pubblicità del gioco con vincita in denaro. Dopo lo slancio di Agcom dei mesi scorsi, con l’intenzione (concreta) di stilare una nuova versione delle (ormai desuete) linee guida che interpretano il famigerato decreto Dignità, accanto a quello del governo (questo sì, assai meno concreto) che intendeva riscrivere direttamente la norma primaria -o comunque superarla – per riaprire le sponsorizzazioni in favore dello sport, ad oggi tutto si è arenato tra le maglie della burocrazia e nei gangli della giurisprudenza. In realtà, va detto, quella dell’Autorità garante delle comunicazioni era stata molto di più di un semplice intenzione, avendo lavorato a una prima bozza della determina di aggiornamento delle Linee guida, portandola pure in Consiglio: salvo poi doversi scontrare con la mancanza di volontà (forse condita – anche qui – da qualche ideologia) di qualche membro, che ha costretto a rinviare la trattazione ai mesi successivi. Per poi ritrovarsi oggi con la giurisprudenza che, nel frattempo, ha continuato a fare il suo corso, portando il caso italiano della pubblicità dei giochi fino alla Corte di giustizia europea. Con lo spauracchio che, a questo punto, si potrebbero rilevare delle incompatibilità con il diritto comunitario che potrebbero portare alla disapplicazione della legge italiano. Tanto più alla luce della mancata notifica della norma del 2018 in Commissione Europea: come era emerso già diversi mesi, in occasione del dibattito, proprio con Agcom, all’interno dell‘Ige di Roma.
Nonostante la volontà, piuttosto diffusa nell’industria, di rivedere l’assurdo decreto targato Movimento 5 Stelle per riaprire le possibilità di sponsorship per le aziende del gioco, l’idea di tornare alle origini senza alcune limitazione delle possibilità di advertising appare oggi funesta. Con il rischio di ritrovarsi di fronte a una sovraesposizione selvaggia di brand di gaming, anche alla luce delle nuove concessioni online appena rilasciate, che richiedono senz’altro la necessità di promuovere i nuovi marchi. E non solo quelli. A ben vedere, tuttavia, una pronuncia d’effetto da parte della Corte europea potrebbe rivelarsi risolutiva, perché potrebbe di fatto costringere il legislatore italiano ad intervenire sulla materia, superando così i vari imbarazzi che non hanno permesso fino ad oggi di legiferare sul tema, nonostante l’evidente necessità, da qualunque parte si voglia guardare la materia e indirizzare la soluzione.
Nel frattempo, però, a voler dire la propria è anche il regolatore centrale dei giochi, cioè l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che senza volersi (né doversi) sostituire all’Autorità delle comunicazioni, potrebbe comunque fornire qualche chiarimento utile agli operatori, all’interno delle attività proposte dall’Unità speciale – indicata dal Direttore dei giochi Mario Lollobrigida nel suo ultimo intervento pubblico – il cui compito sarà quello di dedicarsi all’interpretazione dell’articolo 15 del decreto legislatori n.41: cioè quello relativo al riordino del gioco online, attraverso il quale – come noto – è stata reintrodotta la possibilità di fare pubblicità del gioco ma solo in logica di promozione del gioco responsabile. L’articolo di legge, in realtà, è molto più ampio e articolato e consente (impone) ai concessionari del gioco online di investire almeno un milione di euro l’anno per attività di comunicazione del gioco responsabile: il che non significa, dunque, solo e soltanto di fare pubblicità (anzi!), ma è evidente che le campagne di comunicazione rientrano nell’applicazione della norma. E la volontà di Adm è proprio quella di fornire delle linee guida agli addetti ai lavori per interpretare al meglio certi dettami, superando le varie incomprensioni e le molteplici perplessità emerse finora. In questo senso, dunque, si andrà a toccare anche il tema della pubblicità e della promozione del gioco (responsabile), in attesa di altro: che potrà essere il contributo di Agcom, oppure quello dei tribunali. Staremo a vedere.