Trattiene le somme riscosse dalle giocate del lotto: è peculato

Corte rigetta la tesi del rapporto contrattuale privato: “Fondi di pertinenza statale sin dal momento dell’incasso”.

 

Un anno, due mesi e sette giorni di reclusione, così come rideterminata in Appello, la pena inflitta al titolare di una ricevitoria del Napoletano, condannato per peculato fino al terzo grado di giudizio. La Cassazione ha infatti dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal legale dell’uomo.

Il reato era stato commesso mediante l’appropriazione di somme di denaro ricevute in qualità di titolare di una ricevitoria per il gioco del lotto.

Pur essendo riscossi tramite un concessionario privato, quei soldi erano destinati alla Pubblica amministrazione.

La difesa sosteneva che l’imputato non potesse essere qualificato come incaricato di pubblico servizio, operando esclusivamente sotto un rapporto contrattuale privato. La Corte tuttavia ha rigettato tale argomentazione, ribadendo la consolidata giurisprudenza secondo cui i fondi sono di pertinenza statale sin dal momento dell’incasso, confermando così l’accusa di peculato.

Il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di tremila euro di ammenda.

La sentenza conferma la tesi secondo la quale il concessionario titolare dell’attività di raccolta delle giocate del lotto riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio. Anche i singoli ricevitori, che materialmente riscuotono le giocate e pagano i premi, contribuiscono direttamente allo svolgimento del servizio pubblico.

Similmente al concessionario, anche i singoli ricevitori devono dunque essere espressamente autorizzati alla raccolta delle giocate in forza di concessione, il che “denota ulteriormente il trasferimento al privato di una funzione altrimenti riservata all’ente pubblico”.