L’analista di gaming Mauro Natta esamina il tema del rapporto tra controllato e concedente alla luce della futura gestione del Casinò di Saint Vincent e delle richieste che arrivano al Comune di Sanremo.
di Mauro Natta
“Controlli e disciplinare, pilastri della futura gestione del Casinò di St. Vincent” titolava un mio articolo di pochi giorni fa.
“Il Corpo controllori regionali assicurerà, con il più severo controllo, la regolarità dei giochi e degli incassi. La Regione esercita, a mezzo del proprio servizio ispettivo…” mi permettevo di suggerire quanto precede anziché ”Casino Spa assicurerà, con il più severo controllo, la regolarità dei giochi e degli incassi…”
Mi sia consentito aggiungere alcune riflessioni: sicuramente quello che potrebbe, a prima vista, apparire come un semplice errore potrebbe indicare un qualcosa di ben più grave e serio: il controllato e il controllore sono gli stessi soggetti.
Il grave lo posso, a mio avviso, trovare nella definizione che la Legge n. 488 del 1986 che ha convertito in legge il Dl n. 318/86, art. 19 che se non erro, assegna alle entrate che derivano all’Ente pubblico dalla gestione della casa da gioco: tributarie da iscrivere in bilancio al titolo primo delle entrate.
Detti richiami a disposizioni di legge le possiamo trovare nel disciplinare che regola i rapporti del Comune di Venezia con la società che gestisce i Casinò di Ca’ Vendramin e Ca’ Noghera.
Se non fosse ancora sufficiente il Disciplinare, all’articolo “proventi di gestione”, al terzo comma, in fondo: recita che tali quote assumono, all’atto del versamento, natura di entrata di diritto pubblico. Ciò si riferisce all’articolo successivo in tema di versamento delle entrate in parola.
Chiaramente ritengo di essere nel giusto con quanto affermo e che in qualunque tipologia di gestione si versi, sia pubblica o privata, trattandosi di entrate tributarie che possiamo riscontrare nei bilanci del concedente. Vorrei aggiungere sottolineandolo che il gestore versa all’amministrazione pubblica una percentuale sui proventi netti derivanti dal gioco; ne conseguirebbe il più severo controllo sulla regolarità del gioco e degli incassi come recita il Disciplinare in discorso.
La sola logica ne conforta la conclusione, infatti, quale logica avrebbe il controllare l’esattezza e correttezza della percentuale e non il monte sul quale la percentuale statuita viene calcolata? Una sola risposta: nessuna!
Leggendo, come spesso avviene stante la mia permanenza sino a 18 anni in Liguria, i giornali locali, ho trovato che la richiesta di alcuni Comuni che avevano una partecipazione ai risultati del Casinò di Sanremo.
Ringraziando mia sorella che me lo consente con l’invio allorché si parla di casinò, il primo Imperia dove ho studiato e ora mi pare di ricordare Bordighera ma non ne sono perfettamente certo, è ritornata di attualità. Mi pare di rammentare che la richiesta nasce dal fatto che l’unico casinò autorizzato rimase solo quello di Sanremo.
Certamente non mi metto a disquisire del fatto in particolare ma della differenza tra gestione pubblica e privata nella rilevanza della tassa di concessione.
Nel primo caso può essere anche di modesta entità visto che l’utile d’esercizio rimane a disposizione dell’Ente pubblico concedente, nel secondo sarà di importo superiore in quanto l’utile è a beneficio del gestore concessionario ed azionista.
A questo punto, e senza prendere posizione sulla entità dell’imposta sugli intrattenimenti, non sono riuscito a comprendere se all’Isi, che si applica sul 10 percento degli introiti depurati di quanto il concedente riceve quale tassa di concessione, assume rilevanza a dedurre l’imponibile sul quale si intenderebbe chiedere al Comune di Sanremo una parte dei proventi derivanti dalla casa da gioco.
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