L’analista di gaming Mauro Natta si sofferma ancora sulla futura gestione del Casinò di Saint Vincent, presto oggetto di attenzione da parte del Consiglio Valle.
di Mauro Natta
La prima domanda che mi ponevo è quali possibilità esistono per risolvere l’interrogativo: gestione pubblica in continuità, gestione privata o mista ma a capitale privato in maggioranza. L’ultima soluzione non ha trovato, ragionevolmente, alcun approfondimento.
Il secondo motivo di ricerca è il preciso interesse per il posizionamento geografico e una particolare attenzione da porre al bacino di utenza solito, con espresso riferimento alle possibilità economiche a disposizione.
In vista dell’inizio della trattazione in Giunta ed in Consiglio della problematica in discorso provo ad ampliare mie vedute e considerazioni.
Sembra apparire un calo dell’offerta di poco tempo addietro forse causata dal costo del personale di gioco e non solo tanto da preferire la fair roulette alla francese tradizionale, ma dal ricorrere ad assunzioni “volanti” di impiegati di gioco quando servono. Una prassi che personalmente trovo contraria alle operazioni atte a produrre effetti validi a favorire la fidelizzazione del giocatore. Forse i tempi non sono gli stessi di quando lavoravo e professionalità ed esperienza erano un valore nella direzione indicata.
La complessità dell’argomento non mi consente di chiuderlo con queste poche righe da considerarsi una modesta introduzione. Da ex dipendente e, forse, più ancora ricordando gli incarichi nel sindacato, mi impegno a continuare sulla problematica in parola che, sicuramente, presenta altri aspetti interessanti che mi riservo di affrontare.
Chiaramente non ho a disposizione tutto l’occorrente in informazioni ed esperienza della società incaricata dello studio sul futuro gestionale del Casinò di Saint Vincent ma cercherò di approfondire gli aspetti che mi sono consentiti.
L’esperienza di tanti anni in campo amministrativo e tecnico mi hanno permesso di conoscere l’organizzazione del lavoro e quanto mi è stato possibile apprendere alla stessa collegata, al controllo della produzione e del trend relativo con riferimento anche al mercato nazionale, insomma quelle nozioni che mi sono state indispensabili.
Rammento, al tempo stesso, che il mio lungo, dal 1959 al 2000, trascorso lavorativo mi ha permesso di essere dipendente nelle due tipologie di gestione, privata e pubblica, la prima dal 1959 al 30 giugno 1994, la secondo dal 1° luglio al 31 dicembre del 2000; il seguito è frutto soltanto di esperienza effettiva e del tutto personale.
Chiaramente se la gestione impegna finanziariamente il privato, la parte concedente non può non considerare la durata della concessione o altre forme compensative; qui, però, si entra in un discorso quasi esclusivamente politico nel quale non desidero entrare nel modo più assoluto nemmeno per errore. Se dovesse accadere, e cercherò che non succeda, me ne scuso anticipatamente.
Ci sono due aspetti sui quali desidero soffermarmi anche perché ne conosco la rilevanza, più che altro per la tranquillità gestionale, che potrebbero compromettere l’attività produttiva: il controllo sulla regolarità del gioco e sull’ufficio cambio assegni o, se volete, concessione di credito. In ogni caso ritengo di essere stato chiaro il necessario.
Relativamente al cambio assegni si deve ammettere il fine di incrementare la produttività delle Casa da gioco nel rispetto delle leggi vigenti in materia, con particolare riferimento alla normativa antiriciclaggio. Ebbene affermare che detta operazione, che il gestore privato potrà accollarsi, nasconda un rischio di impresa e che, a prescindere da ogni altra considerazione, produca una maggiore utilità esclusiva al concedente anche in caso di mancata riscossione del titolo di credito non è possibile. Infatti, a mente l’art.1933 codice civile, si deve ammettere che, comprenderli tra i debiti di gioco, li accomuna alle obbligazioni naturali, quindi, prive di azioni per il recupero come pare essersi dichiarato, ultimamente, il Tribunale di Venezia.
Ciò premesso si potrebbe ammettere una forma di contributo da parte dell’Ente pubblico con la concreta possibilità di quest’ultimo di un controllo sulle operazioni di cui immediatamente sopra. Non mi pare eccessivo accostare al ragionamento complessivo le norme antiriciclaggio vigenti.
Il controllo sulle regolarità del gioco e, logicamente, degli incassi che interessa per la propria parte di competenza l’Ente concedente è quello che intendo narrare, in seguito ma con una attenzione esclusiva e particolare nel senso che il concedente ha la sola incombenza dovuta, a mio parere, alla natura giuridica della tipologia di entrate derivanti dalla casa da gioco.
E’ noto che l’Ente concedente procede al controllo in parola in due forme, con la prima che potremmo definire concomitante, verifica de visu col proprio personale direttamente e tramite la visione di episodi riscontrabili nel sistema di video sorveglianza che si trovano su tutti i tavoli. La seconda, a posteriori, permette un controllo molto più approfondito basato sulle complete risultanze dei giochi.
La differenza tra quanto messo in atto dall’Ente pubblico e dal gestore consiste nella differente e più complessa utilità che una oculata gestione cerca, inserendo ulteriori riferimenti quali, ad esempio, le ore di lavoro, il rendimento effettivo di ogni singolo gioco allo scopo di agire consapevolmente sulla politica produttiva e sui servizi alla clientela e sull’adeguamento dell’offerta alla domanda.
Non va sottostimato il rischio di impresa derivante dalla gestione operativa che, in qualunque caso, salvo il precedente in ordine al cambio assegni eventualmente mitigato parzialmente, rimane a carico del gestore.
Foto di Laurin Steffens su Unsplash






