Promozione turismo sotto la lente della premier, casinò in ascolto

Anche la premier Giorgia Meloni si sofferma sulla promozione del turismo accennando al tema della detassazione delle mance.

 

di Mauro Natta

La presidente del consiglio dei ministri Giorgia Meloni ha fanno cenno, in un convegno sul turismo, alla detassazione delle mance; non ha specificato quali ma è agevole evincere che trattasi di quelle specifiche dell’attività alberghiera e della ristorazione.

Nel discorso ho ascoltato anche di qualità e diversificazione con molto interesse in quanto, molto modestamente, ne ho parlato anch’io da quando scrivo in tema di Case da gioco autorizzate nel Paese.
Relativamente alle mance ho compreso che la relativa detassazione (tassazione agevolata al 5 percento, con un tetto massimo) contribuisce alla creazione di posti di lavoro nel settore del turismo anche in relazione alla specifica incidenza nel prodotto interno lordo.

Non desidero insistere con collegamenti a leggi e decreti, neppure alla lunghissima vicenda della problematica che inizia con la riforma pensionistica di tantissimi anni addietro dove, con l’istituzione dello stipendio convenzionale, fu statuita la tassazione delle mance, ai fini dell’imposta personale sul reddito delle persone fisiche, per il medesimo importo assoggettabile a contribuzione pensionistica.

Per brevità mi permetto rammentare che l’articolo 3, lettera i, Dm n. 314 del 1997 riporta una uguale motivazione; ovvero le mance sono reddito di lavoro dipendente e sono armonizzate, per l’importo assoggettato, a contributi e ritenute ai fini della pensione.

Da una parte, e giustamente, la presidente ha dimostrato come qualità, diversificazione, possibile incremento dell’occupazione conseguente anche alla riduzione dei costi e alla facilità di reperimento del personale concorrono egregiamente al mantenimento della posizione nazionale del campo del turismo.

La riduzione del costo del personale con riferimento ai contributi pensionistici si ottiene anche, mi permetto sommessamente di farlo presente, detassando le mance elargite ai croupier delle case da gioco. Il costo del lavoro cala e si incrementa l’utile dell’azienda e, contemporaneamente, l’importo delle entrate tributarie a favore dell’Ente pubblico concedente.

Questo in ogni metodologia gestionale; se affidata ad una società pubblica il calo del costo del lavoro per la non dovuta corresponsione dei contributi pensionistici, verrà goduto dall’azionista pubblico.
Se affidata in concessione ad una società a capitale privato, il gestore si troverà a versare una maggiore tassa di concessione per l’identico motivo.

Non credo si possa negare la rilevanza del casinò, con quanto in fatto di manifestazioni allo stesso collegabili, nel campo turistico in generale. Credo sia sufficiente pensare alla notorietà delle cittadine dove una casa da gioco è situata, Venezia a parte perché merita una considerazione ben più complessa.

Cercando di precedere una obiezione probabile, cioè che la fiscalità generale avrebbe a soffrire per la mancanza dei contributi pensionistici, non si potrebbe omettere la possibilità di considerare contrattualmente una contribuzione volontaria a carico del dipendente con le modalità che saranno stabilite.
Mi scuso in quanto avevo, recentemente, promesso di non tornare sull’argomento ma la occasione ricordata mi ha invogliato a riassumere un argomento che, a mio avviso, porta un maggior beneficio in entrate tributarie a favore dei Comuni e della Regione che hanno un casinò sul loro territorio.

 

foto tratta dalla pagina Facebook di Giorgia Meloni