Gioco, limiti orari ai tempi del Covid-19: ordinanza illegittima ma Tar respinge richiesta di risarcimento danni

Mancato guadagno, sviamento di clientela e perdita di chance: società chiede 102 mila euro di risarcimento, ma il Tar respinge.

 

Risale ai tempi del lockdown per la pandemia di Covid-19 (estate 2020), l’ordinanza sindacale, che limitava gli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco nel Comune di Carpi, annullata da Tar dell’Emilia Romagna nel dicembre del 2021. Per gli effetti di quella misura comunale, una società, titolare di attività del settore, aveva chiesto già nel 2022 risarcimento del danno “per lucro cessante e sviamento  di clientela”, sostenendo che le limitazioni orarie avessero causato perdite finanziarie. Tuttavia, lo stesso Tribunale amministrativo, che ha discusso la questione solo nell’anno in corso, ha respinto la domanda di risarcimento, ritenendo che l’azienda non avesse fornito prove adeguate del nesso causale tra l’ordinanza e il danno, specialmente considerando le restrizioni imposte dalla pandemia di Covid-19, che hanno influenzato inevitabilmente gli incassi.

La richiesta principale avanzata dalla società era la condanna del Comune di Carpi al risarcimento di tutti i danni patiti. Le voci di danno specificamente indicate dalla ricorrente includevano: lucro cessante, quindi mancato guadagno, per circa 52 mila euro (calcolato comparando i margini o gli aggi incassati nel suddetto arco temporale con quelli del corrispondente periodo dell’anno 2019); danno da sviamento di clientela e perdita di chance, che era richiesto come liquidabile in via equitativa in euro 50.000.

La ricorrente aveva evidenziato anche l’opportunità di disporre una apposita consulenza tecnico-contabile d’ufficio (CTU) o, in alternativa, l’esibizione dei dati da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, al fine di quantificare esattamente il danno; il Collegio ha rilevato che la ricorrente ha proposto una modalità di calcolo “obiettivamente erronea e insufficiente” per omessa considerazione della pandemia Covid-19.

“Gli anni 2020 e 2021 – argomentano i giudici – sono stati caratterizzati da considerevoli limitazioni e restrizioni dovute all’emergenza pandemica (paura del contagio, distanziamento sociale, riduzione della presenza in luoghi chiusi). In particolare, nel secondo arco temporale (dal 14 giugno al 20 dicembre 2021), erano in vigore restrizioni più penetranti, come l’obbligo del Green pass per accedere a sale da gioco e scommesse. Il complesso delle restrizioni e la modifica dei comportamenti individuali – prosegue la Corte – hanno inevitabilmente inciso, in termini causali, sui minori incassi della società, rendendo erroneo sostenere che, in assenza dell’ordinanza, l’afflusso di utenti sarebbe stato invariato rispetto al 2019″.

A fronte dell’insufficienza probatoria considerata, il Tar rileva che “la ricorrente ha omesso di effettuare una adeguata comparazione tra il territorio del Comune di Carpi e altri territori comunali limitrofi e raffrontabili (dal punto di vista demografico e territoriale). Tale comparazione – si legge nella sentenza pubblicata di recente – sarebbe stata l’unico modo per ottenere dati attendibili idonei a dimostrare l’effettiva incidenza dell’ordinanza sindacale (l’atto illegittimo) rispetto alle restrizioni dovute alla pandemia. Di conseguenza, il danno da lucro cessante, così come quello da perdita di chance e da sviamento della clientela, non è risultato adeguatamente provato nella sua quantificazione e, soprattutto, non vi era prova sufficiente del nesso eziologico tra il danno lamentato e il provvedimento lesivo”.

C’è di più. L’Amministrazione comunale – nell’ambito del procedimento – ha fornito un elemento di prova che smentiva l’asserito danno. Una relazione di servizio della Polizia Locale ha a tal proposito rivelato che in un orario in cui gli apparecchi avrebbero dovuto essere spenti a causa dell’ordinanza (ore 16:00 del 25.10.2021), risultavano invece accesi 53 apparecchi. Questo fatto costituiva un indizio che lo spegnimento degli apparecchi non avveniva secondo le prescrizioni stabilite, portando a ritenere l’insussistenza del danno lamentato.