Accertamento fiscale per omessi ricavi: imposte contestate per oltre 68mila euro, più interessi e sanzioni, ma il contribuente ha la meglio.
Mancata contabilizzazione e dichiarazione di ricavi. Da qui trae origine l’accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate, nei confronti di un gestore di apparecchi elettronici per il gioco. L’avviso contestava ricavi omessi per un importo di oltre 257.400 euro. Le maggiori imposte accertate includevano Irpef (€ 57.518,00), Addizionale regionale (2.360,00), Addizionale comunale (€ 546,00), Irap (€ 7.032,00) e Iva (€ 1.053,00), oltre a sanzioni e interessi.
L’accertemento, risalente al 2016, si riferiva all’anno di imposta 2012 e la contoversia ha scontato tre gradi di giudizio fino alla Cassazione, per chiudersi definitavamente solo poche settimane fa quando la Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle entrate.
In un primo momento il contribuente aveva impugnato l’accertamento davanti alla Commissione tributaria provinciale di Catania, che aveva parzialmente accolto il ricorso. A quel punto l’Agenzia si è rivolta alla Corte di giustizia tributaria di Secondo Grado della Sicilia che ha rigettato l’istanza proposta contestando che la percentuale minima di vincita del 75% sia la ripartizione dei guadagni al 50%, poste nelle motivazioni, erano frutto di mere presunzioni non supportate dalla documentazione contrattuale prodotta dal contribuente, che ha avuto la meglio anche al Palazzaccio.
L’Agenzia -hanno rilevato i giudici – ha utilizzato un dato presunto calcolato sul minimo di vincita di legge pari al 75%, nonostante l’Agenzia stessa ammettesse nell’avviso di accertamento che le vincite vengono decurtate in misura variabile con un minimo del 75% o 85%. La Corte di Giustizia Tributaria di II Grado aveva rilevato che si sarebbe dovuta applicare una percentuale ponderata, dato che la percentuale di vincita può aumentare significativamente in base alle strategie di gioco prescelte (specie per gli apparecchi che combinano elemento aleatorio e abilità, di cui all’art 110 TULPS, comma 6, lett. a).
L’Agenzia – altra motivazione del ko giudizioìario subito dalla stessa – ha arbitrariamente presunto una ripartizione paritaria (50%) dei guadagni residui fra esercente e noleggiatore/gestore senza tener conto che gli accordi sono rimessi all’autonomia negoziale delle parti e possono prevedere trattamenti differenziati, come confermato dai contratti prodotti in giudizio.
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